– Nuove uscite –
Saggistica: Il mito infranto di Antonio Galdo
Dal 22 gennaio in libreria e in e-book il primo libro Codice del 2025, Il mito infranto di Antonio Galdo.
Come vi abbiamo già spiegato QUI, aprile è mese di sconti: ogni giorno un nostro libro, sarà disponibile in formato ebook a prezzo scontato.
L’ebook in promozione di oggi è L’orologiaio miope. Tutto quello che avreste sempre voluto sapere sugli animali… che nessuno conosce, di Lisa Signorile, a 3,99 euro anziché 6,99.
E non è tutto: ve ne abbiamo preparato un estratto, che trovate qui di seguito. Buon divertimento, con i vampiri dall’inferno!
«É buio in quella che viene chiamata la zona ombra degli oceani, tra 500 e 1000 metri di profondità. La luce del sole non vi penetra. Mai. La temperatura, costante, è quella di una cripta, tra 2 e 6 °C, e non cambia neanche d’estate. Manca l’aria in questa tomba sottomarina: la quantità di ossigeno presente è così scarsa (circa il 3% contro il 21% dell’atmosfera) che quasi nessun animale può respirarvi normalmente. Per questo la zona ombra è chiamata anche oxygen minimum zone (omz). Non c’è vita nella zona ombra. É un deserto asfittico, buio e freddo dal quale le creature si tengono alla larga, in tutti gli oceani della terra.
Eppure in questo deserto abissale vaga solitario, da centinaia di milioni di anni, un fantasma nero. Una creatura così meravigliosamente adattata a vivere in questo luogo inospitale da sembrare sorprendente, e aliena.
Il Vampyroteuthis infernalis è l’ultimo dei Vampiromorpha, ma non è stato sempre così. Gli antenati di queste diafane creature si evolsero nel Triassico a partire dai nautili, e nel Giurassico, mentre sulla terra i dinosauri erano padroni, i Vampyromorpha abbondavano nel mare in una grande varietà di forme. Poi a uno a uno, sotto la pressione di specie sempre più veloci e competitive, si estinsero. L’unico sopravvissuto, il calamaro vampiro, è giunto sino a noi perché è riuscito ad andare “all’inferno”, nelle impossibili acque della omz, e ad adattarvisi.
A dispetto del nome interessante, il calamaro vampiro non è né un calamaro né un vampiro. Non è un vampiro perché non succhia il sangue a nessuno (anche perché non c’è nessuno a cui succhiarlo, anche volendo): si nutre di copepodi, gamberetti, cnidari, tutti animali piccoli che riescono in qualche modo a compensare almeno per breve tempo la mancanza d’ossigeno. Non è un calamaro perché possiamo considerarlo l’anello di congiunzione tra i calamari e i polpi, avendo caratteristiche un po’ degli uni e un po’ degli altri. Non è detto però che ci sia una discendenza diretta, l’evoluzione, si sa, è imprevedibile, e non abbiamo sufficienti fossili di queste creature mollicce e gelatinose per essere certi della loro storia.
Del polpo ha l’aspetto generale, le pinne sulla testa (tipiche di un gruppo più primitivo di polpi, i Cirrata), otto tentacoli, la membrana che unisce gli stessi, le abitudini solitarie. Del calamaro ha altri due tentacoli più lunghi, anche se retrattili e destinati ad altro, una cartilagine interna, residuo della conchiglia del nautilo, la mancanza della cavità palleale sotto il mantello.
E poi ci sono naturalmente gli adattamenti all’inferno. Il principale riguarda la sopravvivenza in carenza di ossigeno: le due branchie sono enormi in proporzione alle dimensioni dell’animale e vi arriva il sangue pompato dai tre cuori. Come tutti i Coleoidea anche il vampiro ha il sangue blu contenente emocianina, l’equivalente dell’emoglobina con il rame al posto del ferro. L’emocianina del Vampyroteuthis tuttavia è particolare, essendo modificata per catturare il pochissimo ossigeno presente e rilasciarlo gradualmente ai tessuti. Senza questa modifica peculiare neanche il vampiro potrebbe vivere nella zona ombra, ma ciò lo rende inadatto a vivere in qualunque altro luogo della terra: in acquario, per esempio, i Vampyroteuthis muoiono dopo un’agonia di un paio di mesi.
Per quanto l’emocianina del vampiro sia speciale, altri adattamenti si sono resi necessari. Per esempio, il metabolismo è sceso a livelli incredibili, ed è il più basso possibile per un animale di quella taglia. Per nuotare, anziché usare la spinta a getto esalando acqua dal sifone come tutti gli altri cefalopodi, usa le due pinne ai lati della testa e sembra che voli dolcemente nel suo mare nero. Ciò consente movimenti più lenti e quindi un risparmio energetico.
Il corpo è gelatinoso, della consistenza di una medusa, e ricco di ammonio (il che toglie ogni dubbio se per caso vi siete chiesti se sia buono da mangiare: no, sa di pipì di gatto) che gli conferisce la stessa densità dell’acqua senza alcuno sforzo per galleggiare. Soltanto i vampiri giovanissimi usano la spinta a getto per spostarsi: si sa che i giovani sono pieni d’energia. Se minacciato, il vampiro usa sistemi di difesa a risparmio energetico: si capovolge come un guanto esponendo la parte ventrale del mantello ricca di cirri che sembrano spine, assumendo quasi l’aspetto di un riccio, in quella che viene chiamata posizione a zucca. In alternativa, “accende” i due grandi organi bioluminescenti, detti fotofori, situati alla base delle pinne: i fotofori accesi sembrano occhi, e ai predatori non piace essere osservati. Poi, gradatamente, li spegne, dando l’impressione di allontanarsi. In alternativa, usa un sistema che si chiama controilluminazione: accende i fotofori bioluminescenti sparsi sulla superfice del corpo, soprattutto all’estremità dei tentacoli, e “diffonde” la sua silhouette rendendola vaga e confusa agli occhi di un predatore adattato a vedere al buio.
Il sistema di produzione della luce usa due meccanismi, la luciferina, lo stesso usato dalle lucciole, e la coelenterazina, tipico dei cefalopodi di profondità, ed entrambi i sistemi consumano energia, quindi hanno bisogno di un dispendioso uso di ossigeno per poter funzionare. Il piano B, quindi, prevede che invece dell’inchiostro il vampiro spruzzi un muco fatto di minutissime palline bioluminescenti che restano lì ad abbagliare il predatore mentre il vampiro, lentamente, si sposta perdendosi nell’oscurità. Con moderazione, però, perché rigenerare le particelle bioluminescenti costa. Il vampiro ha anche parzialmente conservato la capacità di cambiare colore tipica degli altri cefalopodi, per esempio le seppie, che usano tale tecnica per mimetizzarsi, ma a quelle profondità la luce non arriva e cambiare colore non è un grande aiuto per camuffarsi. Il Vampyroteuthis ha infatti, rispetto agli altri cefalopodi, meno cromatofori, perlopiù neri o rossi, ed è privo dei muscoli circolari che consentono i cambiamenti repentini di colore. Il vampiro, degno del suo nome, ha un colore che varia dal rosso scuro al nero.
Dal canto suo questo animale non ha granché bisogno di luce: i suoi occhi sono enormi, i più grandi del regno animale in proporzione al corpo. Quando guarda in alto per lui il mondo è un cielo stellato fatto di vaghe forme diafane, possibilmente commestibili. In più possiede file di piccoli organi composti che percepiscono la luce e gli consentono di guardarsi le spalle. Per cacciare probabilmente non usa la vista, ma individua le prede con i due lunghi tentacoli retrattili, detti filamenti velari, che sono recettori tattili. Poi, da bravo vampiro, le circonda con il mantello steso intorno ai tentacoli e con l’eburneo becco le azzanna.
Sulla riproduzione del calamaro vampiro si sa decisamente poco. Dall’esame delle ghiandole associate agli organi riproduttori si intuisce che le uova sono piccole e che, dato che i giovanissimi vengono tutti pescati in profondità, devono essere deposte negli strati profondi dell’oceano, ma non si sa molto altro e nessuno ha mai osservato la riproduzione di questi animali.
I giovani vampirelli alla nascita, come si diceva, nuotano con la spinta a getto ma sono anche dotati di un paio di pinne sulla testa. Con l’età si forma un secondo paio di pinne, per cui a un certo stadio di sviluppo i vampirotti, come le farfalle, “volano” con quattro “ali”. Successivamente il primo paio di pinne viene riassorbito e rimane definitivamente solo il secondo paio, che però si sposta all’indietro e cambia leggermente forma. Tutti questi cambiamenti di pinne avevano fatto in un primo momento pensare all’esistenza di tre specie distinte di Vampyroteuthis. É difficile studiare una specie che vive così in profondità ed è quasi invisibile, nera in un oceano nero. Tutto ciò che si sa dell’etologia di questa specie lo dobbiamo a rari incontri casuali con batiscafi rov (remotely operated vehicles) per le esplorazioni delle zone di scarpata continentale o delle zone abissali.
I segreti dei vampiri dell’inferno rimangono quindi per ora ancora avvolti nel mistero».
Dal capitolo “L’evoluzione non è un pranzo di gala: adattamenti ad ambienti estremi” – L’orologiaio miope, Lisa Signorile