Will Hermes: i 5 anni di New York che hanno cambiato la musica per sempre

Wired

«Esce l’edizione italiana di Love Goes To Buildings On Fire, il libro cult di Will Hermes. Siamo a New York, all’inizio degli anni ’70, in un periodo di cambiamento e rinnovamento a livello sociale, urbanistico e musicale. Già, la musica: voce di una generazione. Il rock di Patti Smith e di Springsteen, il punk dei Ramones e la nascita dell’hip-hop con Afrika Bambaataa e Grandmaster Flash, le sperimentazioni di Philip Glass e la nuova vita del jazz, che si contamina con il funk nei fumosi club di Manhattan.

Tra il 1973 e il 1977, la Grande Mela è stata un laboratorio a cielo aperto dove tutto, dalle strade di Brooklyn ai palazzi del Queens, riflettevano la luce di un’esplosione creativa. Un periodo breve ma tremendamente intenso, raccontato da un libro che è già diventato un cult per i musicofili: Love Goes To Buildings On Fire, scritto dal giornalista e critico statunitense Will Hermes, appena uscito per la prima volta in edizione italiana, con il titolo New York 1973-1977 – Cinque anni che hanno rivoluzionato la musica (Codice Edizioni), con la traduzione di Michele Piumini.

Il libro, attraverso una serie di incredibili aneddoti scovati negli anni e le testimonianze dei protagonisti dell’epoca, ha il merito di raccontare con passione – ma anche con grande attenzione giornalistica – uno dei periodi più elettrizzanti della storia della musica, vissuto al cento per cento da una città ferita e oscura, ma mossa dalla voglia di sperimentare e reinventarsi. Come racconta l’autore, Will Hermes, a Wired.it.

Come hai svolto la tua ricerca e dove hai scoperto tutti gli aneddoti narrati nel libro?

Ho fatto numerosissime interviste quando era possibile, considerando che molti dei protagonisti della scena di quegli anni oggi sono morti. Le persone mi hanno concesso con generosità il proprio tempo. Ho parlato anche con Bruce Springsteen, che è sembrato divertito nel ricordare i giorni in cui suonava al Max’s Kansas City. Ho fatto anche un bel po’ di ricerca “vecchio stile” alla biblioteca pubblica di New York sulla 42esima strada, rispolverando numeri di giornali come il Soho Weekly News, ora chiuso, e il Village Voice, che raccontava la scena musicale con grande attenzione. Mi sono immerso in fanzine, libri e siti web dei fan. Sono anche riuscito a recuperare streaming online di album introvabili. In questo, internet non smette mai di stupirmi.

Come hai organizzato il materiale?

Ho organizzato tutto cronologicamente, a grandi linee, ma allineare gli aneddoti all’interno di una linea temporale è stato un po’ come fare un collage. Poi ho cercato di avvicinare le storie che sembravano funzionare bene assieme.

Perché quel periodo è stato, in un certo senso, così poco considerato, almeno fino all’uscita del tuo libro?

Penso che in molti siano stati consapevoli della fantastica creatività di quell’epoca. Tuttavia, lo spettacolo e la meraviglia degli anni ’60 ha oscurato, per molti anni, tutto quello che è venuto dopo. Gli anni ’70 venivano considerati un figlioccio povero e brutto di quel periodo scintillante. C’erano meno ottimismo e più realismo, più maleducazione, più violenza. È stato un momento più difficile, direi, più pragmatico, più di sopravvivenza.

Che cosa resta, oggi, della New York di quegli anni?

Troviamo ancora i resti di quell’era, benché New York tenda a cancellare la sua storia seguendo i capricci del mercato immobiliare. L’edificio del vecchio CBGBs è oggi una boutique di moda, benché qualcosa del locale, all’interno, sia stato preservato. Nel quartiere di Soho, oggi, è più facile trovare un negozio di lusso che musica di tendenza, e per un artista senza soldi da parte è diventato davvero difficile permettersi una vita a New York. Tuttavia…

Tuttavia?

C’è chi ce la fa. A Brooklyn e in intere aree del Queens si trovano fiorenti comunità creative, e la scena musicale di qui sta attraversando un periodo abbastanza esaltante. New York conserva un’attrazione magnetica per i musicisti e artisti alla ricerca di un pubblico. Questa città è un grande palco, e le persone vogliono ancora cercare di salirci.

Valerio Bassan, Wired.it

 

hermesAll’inizio degli anni Settanta New York era una città allo sbando: criminalità, disagio sociale, sporcizia e bancarotta economica la rendevano un posto molto diverso dalla metropoli scintillante che conosciamo oggi. Eppure proprio in quegli anni una straordinaria esplosione creativa ne fece il laboratorio ideale in cui vennero ridefiniti e inventati tutti i generi musicali che avrebbero influenzato i decenni successivi: la scena jazz, il punk dei Ramones, la salsa dei latinos del Bronx, i New York Dolls, Springsteen e Patti Smith, la nascita della disco e della dj culture, il rap di Afrika Bambaataa, il minimalismo di Philip Glass. Sullo sfondo una città sull’orlo del baratro, pericolosa ed elettrizzante, ruvida e pulsante, in cui le storie delle future stelle della musica si intrecciavano con quelle di personaggi equivoci, writers e artisti di ogni tipo.

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