Sulle tracce di Humboldt – Paolo Pecere, Il Tascabile

Il Tascabile

Che cosa si prova, oggi, a ripercorrere le orme di Alexander von Humboldt? Lo ha fatto Paolo Pecere, che lo racconta in un bellissimo reportage pubblicato sul Tascabile.

«Restiamo a fluttuare sulla “Stella fluviale del Sud”, la confluenza dei fiumi Orinoco, Guaviare e Atabapo. Intorno silenzio e acqua color caramello, nera, rossa, che si mescola e s’ingorga in una vastità sconfinata. La corrente è così lenta che si distingue a fatica la sua direzione. Lo sguardo qui si perde e cerca orientamento. Ci avviciniamo a una roccia con un avamposto militare abbandonato, invaso dalla vegetazione. Sulla riva lontana c’è il Venezuela, da cui una barca avanza come un puntino sul dorso del fiume: vengono in Colombia a comprare benzina.

La “Stella” fu chiamata così dal grande viaggiatore e naturalista Alexander von Humboldt, che arrivò qui risalendo l’Orinoco nel 1800 e descrisse il posto come uno degli spettacoli più meravigliosi del Sudamerica. Non è strano che Humboldt prediligesse proprio questo paesaggio, in cui non spicca un singolo profilo pittoresco da mettere a fuoco. A contemplarlo si produce un sentimento di ammirazione misto a smarrimento, che a sua volta suscita un bisogno di conoscenza: esattamente questi due poli, il sentimento estetico e l’analisi scientifica, definiscono il rapporto con la natura che Humboldt teorizzò nella sua opera rivoluzionaria, a partire dal famoso viaggio di esplorazione del Sudamerica che intraprese tra 1799 e il 1804 insieme al naturalista Aimé Bonpland e che raccontò in un celebre resoconto narrativo, il Viaggio alle regioni equinoziali del Nuovo continente (uscito in 30 volumi tra il 1807 e il 1834) di cui porto nello zaino un’edizione ridotta.

Le idee di Humboldt, nato 250 anni fa, sono oggi oggetto di un’ampia riscoperta. La pubblicazione di una nuova biografia di Andrea Wulf, mostre e convegni di studi (e, in Italia, la ristampa del capolavoro divulgativo Quadri della natura), aiutano a avvicinarsi a questo gigante dimenticato della scienza moderna che ispirò Darwin per le sue teorie sull’evoluzione e John Muir per l’istituzione del primo parco naturale a Yosemite. La sua capacità era quella di collegare saperi diversi in una visione congiunta della natura.

Per Humboldt, “lo scopo principale della descrizione fisica della Terra è […] la ricerca dell’insieme e della connessione”. Collegando tra loro le osservazioni dirette e lo studio dei documenti che descrivono un territorio, non soltanto scoprì nuove specie e nuovi fenomeni (come la corrente oceanica che porta il suo nome), ma introdusse approcci radicalmente nuovi: per esempio, la comparazione di ecosistemi situati alle stesse latitudini lo portò a considerazioni sulle differenze climatiche prodotte da acque, rilievi e altri fattori ambientali; le correlazioni tra terremoti e eruzioni vulcaniche diffuse su aree vastissime lo portarono a confermare l’ipotesi geologica di un nucleo caldo del pianeta. Con questo sguardo sinottico e comparativo, Humboldt – circa duecento anni prima della “ipotesi Gaia” di James Lovelock – presentò il globo terrestre come un’unità vivente, organica e inorganica, che né la geografia né la politica potevano separare.»

A questo link l’articolo completo.

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