«La carica dei 51. Fosse un film, la proposta per salvare la ricerca che Roberto Defez lancia con il suo nuovo libro Scoperta, avrebbe questo titolo. Si tratta di un’idea forte, una provocazione stimolante. (…) Ecco, in breve, in cosa consiste. In primo luogo i ricercatori italiani devono acquisire la consapevolezza di essere “scienziati a vita”, il che significa estendere il loro metodo di lavoro, quello che usano in laboratorio o sul tavolo dell’elaborazione teorica, a tutti i loro rapporti con i media, le classi dirigenti (compresa la magistratura), gli industriali e, soprattutto, i politici. In definitiva, devono informare dell’approccio scientifico il loro rapporto con la società. Devono, tuttavia, effettuare anche un altro passo. Decisivo. Abbandonare ogni individualismo e parlare come un sol uomo, almeno sulle questioni scientifiche dirimenti. Passare dall’ “io speriamo che me la cavo” a un’azione collettiva, sistematica, efficace. Diventare un gruppo di pressione coeso e organizzato».
In Scoperta Roberto Defez mostra come la ricerca scientifica non sia un lusso culturale, ma la più concreta opzione per dare un futuro al Paese e alle nuove generazioni, e per far tornare una parte del fiume di giovani che abbiamo formato in Italia e che possono lavorare solo all’estero. Genera occupazione qualificata, sviluppo imprenditoriale, innovazione di prodotto, ma serve anche alla sicurezza nazionale, alla tutela del territorio e dei beni culturali. Intorno si fanno strada l’antiscienza e la nostalgia di un passato durissimo che in gran parte ignoriamo. Paghiamo il mancato rinnovamento vendendo le nostre aziende storiche. Eravamo i proprietari di piccoli ristoranti, poi ne siamo diventati i cuochi e ora semplici camerieri. Il metodo scientifico è il modo per risalire la china, per modernizzare il Paese, per compiere scelte non ideologiche in tutti i campi. Per premiare il merito e non il clan, per liberare energie e guidare il nostro futuro.