L’idea di innaturalità

Le Scienze

«I miti sulla creazione di esseri artificiali sono antichi quanto l’uomo, come i miti sulla creazione in generale. Da quelli che hanno mescolato la materia inerte alla materia organica fino a proporre una sorta di evoluzione delle specie ante litteram, come l’idea di Anassimandro dei pesci nati dal fango e dell’uomo nato dai pesci. A quelli letterari dell’epoca moderna: i corpi artificiali dei romanzi a cavallo tra Ottocento e Novecento, i Golem meccanici di Mary Shelley e Melville e i robot, per la prima volta chiamati così dal ceco Karel Capec nell’opera teatrale R.U.R. del 1921. Sono stati, nel corso dei secoli, prima miti meravigliosi e poi inquietanti. Fino a investire la nostra epoca, quando si sono scontrati con la realtà della fecondazione artificiale.

Philip Ball è uno dei più famosi scrittori di scienza al mondo. Nel suo Non è naturale ripercorre il nostro rapporto con l’idea inquietante di innaturalità che oggi le parole “creazione” e “artificiale” suscitano nella nostra società. Perché si riverberano anche sull’accoglienza che riserviamo alle biotecnologie, dalla ricerca sulle staminali agli organismi geneticamente modificati. E che abbiamo riservato, da 35 anni, ai bambini creati artificialmente: i cosiddetti figli della provetta».

Silvia Bencivelli, Le Scienze (per continuare a leggere, scarica il PDF a lato).

 

Philip Ball - Non è naturaleL’idea che la creazione artificiale della vita sia una cosa perversa e blasfema -in una parola, innaturale- è essenzialmente un costrutto culturale. Affrontare le attuali controversie su staminali, clonazione, modificazioni del corredo genetico e biotecnologie in generale senza studiare la storia culturale della “creazione della vita” è impossibile. Solo esaminando i miti e le leggende, da Aristotele a Paracelso, da Mary Shelley a Aldous Huxley, dal Golem della tradizione ebraica ai replicanti di Blade Runner e i modi in cui sono mutati nelle varie epoche possiamo capire i timori e i preconcetti che pullulano sotto la superficie di queste discussioni. Una ricerca che ha un punto d’arrivo: le ragioni per creare o meno esseri umani con mezzi “artificiali” si devono concentrare sulle intenzioni e sui risultati, sul loro effetto sulla vita di tutti noi e sulla società.