La dignità non è il rango – Remo Bodei, Il Sole 24 Ore

Domenica - Il Sole 24 Ore

«Sebbene il concetto della dignità abbia una lunga storia, il pathos che lo circonda è abbastanza recente. Si rafforza dopo la fine della seconda guerra mondiale, come se si volessero esorcizzare per il futuro gli orrori dei campi di sterminio nazisti, mettendo gli uomini al riparo della sua egida. Essa viene intesa non solo quale espansione della sfera del sacro dalla divinità all’umanità (mediante il richiamo alla tradizione ebraico-cristiana, secondo cui l’uomo è stato creato da Dio a sua immagine e somiglianza), ma anche quale corazza protettiva, etica e giuridica, tesa a garantire l’intangibilità, l’autonomia e la libertà di individui e popoli, sottraendole così alla brutalità della violenza, dell’oppressione e dell’umiliazione. Dal punto di vista giuridico il legame tra dignità e diritti è stato solennemente proclamato dal Preambolo della Carta delle Nazioni Unite del 1945, dalla Dichiarazione generale dei diritti delle Nazioni Unite del 1948 e dalla costituzione della Repubblicaa Federale Tedesca.

Il riferimento alla dignità si è poi ulteriormente intensificato a causa del moltiplicarsi degli episodi di disumanità venuti tardivamente alla luce o nuovamente perpetrati (ma, in positivo, anche in funzione dell’esigenza di rafforzare il bisogno di maggiore uguaglianza e di consolidare la ricezione dei diritti umani). Le memorie dei condannati nei gulag sovietici e la visione delle piramidi di teschi innalzate dalla politica di Pol Pot o dalle feroci guerre interetniche del Rwanda (dove gli Hutu trattavano i Tutsi come “scarafaggi”) si sono così sommate alla difesa di pratiche che si credevano scomparse, almeno in alcune parti del globo. È questo il caso della tortura, nuovamente giustificata come strumento per combattere il terrorismo e per estorcere informazioni in vista della salvezza di molte vite.

Malgrado il crescente interesse che ho appena illustrato per l’importanza e il valore della dignità, la filosofia – secondo Michael Rosen- se ne è interessata davvero poco. Assieme a molti studiosi di altre discipline, quando se ne sono occupati i filosofi hanno per lo più ritenuto il suo uso un inutile fattore di confusione e hanno proposto di sostituirla con la nozione di “rispetto per le persone e per la loro autonomia”.

Da cosa nasce, dunque, il discredito dell’idea di dignità, si chiede Rosen nel rintracciarne la prima espressione in Schopenhauer, di cui riassume la tesi dicendo che essa rappresenta “un mero imbroglio, un ampolloso artificio, che lusinga la nostra autostima, ma dietro al quale non c’è alcuna sostanza”?»

Remo Bodei, Domenica Il Sole 24 Ore (per continuare a leggere, scarica il PDF a lato).

 

Michael Rosen - DignitàQuello della dignità è un concetto dal significato evasivo, soggetto da sempre alle letture più disparate e provocatorie. Ma a prescindere che lo si consideri un principio fondamentale o un artificio retorico senza sostanza, non c’è dubbio che oggi, in un momento storico così fragile e confuso, la dignità sia un’idea centrale e irrinunciabile, il perno attorno a cui ruota il dibattito su temi caldi come il rispetto dei diritti umani e la bioetica, nonché la base universalmente accettata della regolamentazione della vita civile. Un argomento concreto e vivo, insomma, e non un astratto oggetto di studio. Così infatti lo affronta Michael Rosen in questo libro, ripercorrendone la storia e analizzando le sfumature religiose, storiche, filosofiche e politiche che il suo significato ha assunto nel corso dei secoli.

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