Con la testa sotto il braccio – Marco Belpoliti su “La stanza intelligente”

La Stampa

«Dionigi, vescovo di Parigi, deve essere decapitato per ordine dell’imperatore Domiziano durante una delle persecuzioni dei cristiani. L’esecuzione sarà eseguita su una collina. I soldati romani sfaticati gli mozzano la testa a metà del percorso.

Si rialza, prende la testa sotto braccio e raggiunge la cima. Il filosofo ed epistemologo francese Michel Serres, uno dei pensatori più acuti del contemporaneo con i suoi Hermès (Minuit), pubblicati negli Anni Settanta, racconta questo apologo nel suo libro Non è un mondo per vecchi (Bollati Boringhieri): oggi la nostra testa intelligente fuoriesce dalla testa ossuta e neurale, e come il santo la teniamo sotto braccio.

Possibile? Sì. È la scatola-computer, smartphone o tablet, cui deleghiamo facoltà che un tempo erano totalmente nostre: memoria potentissima ed estesa, immaginazione ricca di milioni d’icone, ragione che ci serve per risolvere decine di problemi. Cosa ci resta sulle spalle? L’intuizione innovatrice, dice l’epistemologo: «Caduto nella scatola, l’apprendimento ci lascia la gioia incandescente di inventare. Fuoco: siamo condannati a diventare intelligenti?».

In questo pamphlet Serres affronta un problema che già si era già posto il suo collega Edgard Morin, quando aveva redatto per il ministero dell’Istruzione francese un rapporto sul futuro dell’apprendimento nelle scuole francesi: La testa ben fatta . Riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero (Cortina editore). Quello della testa è un vecchio problema. Nel XVI secolo Montaigne, che disponeva nella sua biblioteca personale di circa mille volumi, aveva sostenuto che alla «testa ben piena» della cultura classica, precedente l’invenzione della stampa, bisognava sostituire la «testa ben fatta». Ma ora che la testa si trova in tasca, nella borsa o nello zaino, come deve essere? Ovvero: come procedere nella costruzione e trasmissione del sapere?

Oggi i ragazzi – lo possono testimoniare gli insegnanti – non leggono né hanno più voglia di ascoltare l’esposizione orale di ciò che è scritto. È finita l’«era del sapere», dal momento che questo sovrabbonda da tutte le parti, nel web prima di tutto. È contenuto nei piccoli aggeggi situati vicino al portamonete e al fazzoletto. Nel contempo è anche finita anche l’«epoca degli esperti»: l’ha spiegato David Weinberger, ricercatore americano, in La stanza intelligente (Codice Edizioni)».

Marco Belpoliti, La Stampa (per continuare a leggere, clicca QUI).

 

David Weinberger - La stanza intelligenteIl sapere, prima trasmesso su un supporto rigido e definito come la carta stampata, per la prima volta nell’epoca di internet è alla nostra portata in modo pressoché illimitato. Nella stanza in cui siamo riuniti – internet – dove le fonti non sono certe e nessuno è mai d’accordo su nulla, circola molta più conoscenza di sempre, gestita con capacità superiori a quelle delle nostre singole menti e istituzioni. Eppure, ci dice David Weinberger, internet non ci rende più stupidi; al contrario, questa massa di conoscenza sempre a disposizione ci consente di prendere decisioni migliori di quelle di un qualunque esperto, basta sapere come muoversi al suo interno.