– Nuove uscite –
Saggistica: Il mito infranto di Antonio Galdo
Dal 22 gennaio in libreria e in e-book il primo libro Codice del 2025, Il mito infranto di Antonio Galdo.
Come nelle peggiori previsioni, lo scorso 6 gennaio la Nord Corea ha annunciato al mondo di aver fatto esplodere per il primo ordigno termonucleare all’idrogeno – molto più potente della bomba atomica – e l’intenzione di voler continuare a rafforzare il proprio programma nucleare, per proteggersi contro le politiche ostili degli Stati Uniti. Un breve comunicato ufficiale del governo di Kim Jong-Un seguìto al terremoto che ha scosso la penisola coreana e in poche istanti ha riacceso le tensioni internazionali non solo con i Paesi limitrofi – Corea del Sud, Cina e Giappone. Provocazione reale o no che sia – non sono pochi gli scettici convinti che si tratti di un bluff -, resta la necessaria presa di coscienza da parte delle autorità mondiali della minaccia costituita da Pyongyang. Ma la Nord Corea è davvero così pericolosa?
Blindato come nessun altro Stato al mondo, sono rarissime le notizie che riescono a filtrare la spessa cortina che il regime ha creato negli ultimi decenni. Una delle testimonianze più importanti che ha contribuito a far conoscere il clima di terrore è quella di Shin Dong-hyuk, ad oggi uno dei pochi sopravvissuti riusciti a fuggire dai terribili campi di prigionia, l’unico ad essere riuscito a raccontare la propria drammatica storia. Tradotto in 28 lingue, “Fuga dal Campo 14” (VAI ALLA SCHEDA DEL LIBRO) ha aperto gli occhi su una realtà ancora ignorata da troppi. «Kim Jong-un è terrorizzato dall’apertura dei Paesi comunisti, sfrutta il suo popolo con l’inganno e continuerà ad essere sanguinario con la sua gente e arrogante col mondo perché in fondo la comunità internazionale glielo consente, per fermare Kim occorre una “primavera nordcoreana”» racconta Shin alla Stampa (leggi l’intervista). Ma perché aprire una crisi mondiale proprio ora? «Il cambiamento dei tempi e la situazione politica internazionale che vede l’inesorabile tramonto del comunismo e l’apertura dei Paesi comunisti, spinge il giovane leader a reagire in maniera pericolosa, in primo luogo rafforzando la sua immagine nei nuovi assetti mondiali. Senza dubbio l’apertura di Cuba e il riallaccio delle relazioni diplomatiche con gli stati Uniti è stato un duro colpo per Kim. Da qui la sua reazione: la cosa devastante è che ciò avviene a spese della popolazione civile che già non ce la fa a sopravvivere. Il popolo nordcoreano viene cresciuto senza avere nessuna idea di quello che accade al di fuori dal Paese, c’è solo una tv e una radio di Stato che trasmettono solo discorsi e annunci del leader. Mostrano Kim che inaugura scuole e ospedali, ciò rappresentato come un regalo che il leader fa al suo popolo. Nei campi di lavoro invece non c’è neppure quello».
Il Campo 14 è grande quanto Los Angeles ed è visibile anche su Google Maps, eppure è ancora invisibile al resto del mondo. E’ qui che Shin Dong-hyuk è nato nel 1982, colpevole di un crimine che non ha mai commesso: aver avuto uno zio fuggito in Corea del Sud negli Anni Cinquanta. L’estrema povertà, i lavori forzati, l’orrore delle esecuzioni e la schiavitù hanno lasciato una ferita indelebile che il giornalista del Washington Post Blaine Harden ha faticosamente tradotto in parole nei sette anni in cui ha frequentato il giovane. «Ho conosciuto Shin nel 2008 – spiega alla Stampa l’autore – e gran parte del tempo lui mi ha raccontato storie della sua vita che non erano vere. E lo ha fatto per proteggere se stesso, perché non voleva rivelare cose di cui lui stesso era drammaticamente segnato. Poi col tempo ha iniziato a raccontare la verità, lentamente e un po’ alla volta. Anche dopo la pubblicazione del libro ha cambiato la storia come molti sanno. La ragione è che tutti coloro che sono vittime della oppressione politica hanno problemi nel raccontare la verità».
Una verità difficile da accettare che solo di recente è diventata un pericolo concreto anche per l’Occidente: «La comunità internazionale – sottolinea Shin, intervistato da Repubblica – sa quanto i test con armi nucleari siano pericolosi, e all’esterno il regime fa arrivare solo le informazioni che decide debbano arrivare. E se adesso hanno deciso di comunicare al mondo di aver effettuato un test con una bomba all’idrogeno è sicuramente per spaventare, per mostrare alla comunità internazionale che il regime nordcoreano ha la forza militare per attaccare». Ma perché allora si continuano a ignorare queste provocazioni? «C’è un errore di fondo della comunità internazionale e delle Nazioni Unite, un errore di valutazione – sostiene ancora Shin nell’articolo sulla Stampa – . Non è la prima volta che il regime conduce test con armi letali, allora perché concedono sempre più tempo? Perché l’Onu tollera ciò? I proclami delle potenze internazionali sono molti ma le azioni mancano».
Una situazione di perenne immobilismo che oggi ha portato a un punto di non ritorno. La linea dura contro Pyongyang non è solo più un’ipotesi ma una necessità. «Vorrei ricordare che anche Gheddafi aveva diversi politici come amici, anche italiani mi sembra, ma quando il popolo ha iniziato la rivolta non c’è stato nulla da fare per lui. Questo è quello che mi auguro per il mio Paese, una sorta di primavera nordcoreana. Voglio dire a tutti gli italiani di documentarsi, di leggere d informarsi su cosa accade davvero in Corea del Nord, e di dare anche loro un contributo affinché i bambini nordcoreano non vivano una vita da incubo come i loro genitori e nonni».