Non lavo dunque sono: storia della lavatrice, il progresso dentro casa (giugno 2012)

La Lettura - Corriere della Sera

In un bell’articolo di Anna Meldolesi, apparso ieri sul Corriere La Lettura, viene analizzata la storia della lavatrice come oggetto di liberazione della casalinga, la sua forza prorompente di “miracolo del progresso” e di  “tappa decisiva per l’emancipazione”.

Vengono citati Miriam Mafai, che una volta disse “Non capisco perché il pensiero femminista sia sospettoso nei confronti della tecnoscienza. A liberarci è stata la lavatrice” e lo studioso svedese Hans Rosling, che considera il bucato automatizzato come una soglia di sviluppo più avanzata dell’elettricità, anche se “meno degli aeroplani”.

E si parla, naturalmente e soprattutto, di Vittorio Marchis, del suo 150 (anni di) invenzioni italiane e della lezione teatralizzata “Autopsia di una lavatrice” (venerdì 29, presso la Cavallerizza Reale a Torino, si terrà invece “Anatomia di una macchina per il caffè”, con un’introduzione del sindaco Fassino), in cui lo studioso spiega come, nella società post-industriale, si tenda ormai a dimenticare l’enorme importanza della tecnologia cosiddetta pesante, e lo spazio culturale di quest’ultima. Perché, come davvero potremmo capire se questo tipo di elettrodomestico venisse a mancare “la lavabiancheria è più importante di internet”.

 

Forse non erano favolosi come si dice, gli anni Sessanta, ma il fermento c’era. L’economia cresceva, la tv insegnava l’italiano agli italiani, le donne si mettevano numerose al volante. Il manovale Marcovaldo, di Italo Calvino, aveva le tasche vuotema portava la famiglia in gita al supermarket. La pillola anticoncezionale non era ancora arrivata, per quella bisogna aspettare gli anni Settanta. La lavatrice sì, ed è stata una rivoluzione“.

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