«La ricerca biomedica italiana langue. È ferma da anni: con i risvolti negativi che derivano da tale situazione di stallo, primo tra tutti la mancata cooperazione alla farmacologia internazionale soprattutto nel campo di quella oncologia che abbisogna spasmodicamente di novità in campo oncologico che possano rivoluzionare la prognosi. Le conseguenze? Non esistiamo nella classifica dei Paesi che fanno sperimentazione approfondita e produzione di nuove molecole farmacologiche e, di conseguenza, siamo costretti ad attingere a quel che proviene dall’industria straniera e che comporta costi da capogiro, mentre incrementiamo la fuga di cervelli all’estero. Un tale paradosso è sotto agli occhi di tutti e -in particolare- degli addetti ai lavori e cioè dei clinici: ma c’è voluto un bel libro scritto dalla giornalista milanese Daniela Minerva e da un oncologo di fama internazionale, Silvio Monfardini, per sviscerarne “senza peli sulla penna” tutte le cause e le modalità ivi compresi i retroscena. Il libro ha un titolo piuttosto sibillino (Il bagnino e i samurai. La ricerca biomedica in Italia: un’occasione sprecata, Codice Edizioni), che risulta azzeccato al lettore con lo scorrere delle pagine».
Perché l’Italia è esclusa dal grande business della farmaceutica mondiale. Chi ha spinto il Paese fuori dal gotha della ricerca scientifica e della modernità, e perché tutto questo ci impoverisce e fa male alla salute.
Montedison, Farmitalia, i centri di ricerca sul cancro. Interessi politici, mazzette e tanto spreco. Uno dei capitoli più controversi della recente storia italiana.
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