Una serie di domande apre la lunga recensione di Regimi di verità, il libro di Andrea Fontana raccontato da Danilo Premoli sulla rivista digitale ONE.
Se il falso diventa più vero del vero, allora: che cos’è il vero? Ma forse la vera domanda che dobbiamo farci è: sappiamo/possiamo scegliere quali verità accettare per costruire la nostra quotidianità o dobbiamo/vogliamo essere dominati da paura e violenza? E ancora: la verità siamo noi? (come nel poker: se dopo venti minuti non hai capito chi è il pollo, il pollo sei tu!).
Se il falso diventa più vero del vero, allora: che cos’è il vero? Ma forse la vera domanda che dobbiamo farci è: sappiamo/possiamo scegliere quali verità accettare per costruire la nostra quotidianità o dobbiamo/vogliamo essere dominati da paura e violenza? E ancora: la verità siamo noi? (come nel poker: se dopo venti minuti non hai capito chi è il pollo, il pollo sei tu!). “Ci sbagliamo su quasi tutto – scrive l’autore, sociologo della comunicazione e dei media narrativi, che ha introdotto in Italia il dibattito sulla narrazione d’impresa – questa potrebbe essere la massima che sintetizza la nostra contemporaneità”.
In un oggi plasmato da un realismo fantastico, una contro-realtà senza punti fissi, rifiutiamo l’appello alla ragione per nasconderci tra link, hashtag, clip, meme che costruisco una nuova intelligenza (?) narrativa.
E in una sorta di avvitamento verso il basso: “La messa in scena del reale – spiega Fontana in Regimi di verità – viene infantilizzata, cioè semplificata e resa cognitivamente comprensibile, ed empatizzata, con profusione di emozioni, sia positive che negative. “