«La fase politica che stiamo vivendo impone agli osservatori la necessità di non appiattire il dibattito attorno a polarizzazioni di comodo e parole d’ordine vuote. Bisogna davvero fare un’operazione sovversiva: ragionare, unire i puntini, ambire all’analisi delle cose. Non possiamo risolvere tutto nel “con me o contro di me”, negli ordini di scuderia, nella ricerca di un’opposizione manichea per cui se una cosa la fa il nemico, allora non possiamo farla noi.
Ci sono vari dogmi che vanno scardinati e, tanto per cambiare, un buon modo per cominciare a sbrogliare la matassa dell’incertezza, l’insicurezza della reclame e la schizofrenia dell’argomentazione urlata, è partire dai fatti. Da tutto quello che cambia la nostra idea su temi su cui si partiva a testa bassa perché ammaliati dalla novità, dalla suggestione. Ma ora i tempi sono maturi per farsi domande e interessarsi a quello che ancora non si era capito. Come la democrazia digitale e la grande retorica della rete che ci libererà tutti salvando il mondo.
Un tema caldo grazie all’exploit del Movimento 5 Stelle e la sua retorica tecno-entusiasta. Un’idea incentrata sull’importanza del singolo atomo che muove un sistema complesso (“uno vale uno”), su un internet come opposizione a una classe dirigente che si esprime attraverso i mass media pesanti del Novecentom filtri di lobby che gettano fumo negli occhi di un elettore sempre meno innamorato, interessato e consapevole.
Inrernet, quindi, come strumento sostitutivo della democrazia o come uno degli strumenti della democrazia? Questa è solo una delle domande che muovono le riflessioni di Fabio Chiusi -scrittore e blogger, autorevole voce critica all’interno del dibattito sulle nuove tecnologie- nel suo recente Critica della democrazia digitale. La politica 2.0 alla prova dei fatti».
Hamilton Santià, l’Unità (per continuare a leggere, clicca QUI).
Da decenni gli esperti si dividono sulla possibilità della rete di permettere una maggiore partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica, fino all’utopia dell’autogoverno del popolo, che secondo molti equivarrebbe a una versione “social media” della democrazia diretta ateniese. Ora che sono stati condotti in tutto il mondo esperimenti per implementare soluzioni tecnologiche nelle procedure democratiche, è tempo di chiedersi se i risultati prodotti siano all’altezza delle aspettative. Descrivendo un panorama contraddittorio ma ricco di potenzialità, Fabio Chiusi ci racconta le più interessanti esperienze di democrazia digitale; soprattutto quelle italiane, che fanno del nostro Paese uno dei laboratori più avanzati e un osservatorio privilegiato per valutarne l’efficacia.
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