Non ringraziate. Mai

L’ultimo articolo di Nick Bilton uscito sul New York TimesEtiquette Redifined in the Digital Age, sta facendo il giro dei media italiani: molto condiviso sui social, e ispiratore di due articoli, uno sul Corriere della Sera e l’altro su VanityFair.it:

 

«Il dilemma dell’Amleto post moderno di fronte all’iPad sembra che debba ridursi a questo: ringraziare o non ringraziare? Se rispondo a un’email con un semplice «grazie», senza aggiungere nulla di sostanziale, rompo le scatole e «devasto» il tempo di chi la sta ricevendo – è questa la tesi dell’influente Nick Bilton, l’innovation editor del New York Times – oppure sono semplicemente gentile anche se un po’ vecchio stile? Come ho scritto a caldo a Bilton per noi italiani la risposta sembra scontata. O ringrazi o sei un po’ cafone, non c’è digitale che tenga. Ho provato a porre il problema a un mio amico inglese e la risposta è stata of course : certo, devi ringraziare (figuriamoci, hanno ancora la Regina). Per curiosità, ho continuato il minisondaggio e ho provato con un amico svedese: se nella email non c’è una domanda alla quale rispondere perché perdere e far perdere tempo? Pragmatismo scandinavo. Ho tentato anche con un americano, per giunta californiano come Bilton, che mi ha detto che se non riceve un grazie in risposta lui si offende. In effetti il problema sembra essere generazionale: Bilton, oltre alla mia, ha ricevuto ieri un centinaio di email da parte di connazionali in difesa del «Thank You». Mentre Jake Soiffer, un 17enne di Brooklyn, ha mostrato tutta la sua insofferenza per chi non capisce che è tutta una questione di tempo risparmiato. Provate a gestire Facebook, Twitter, email, sms, whatsapp insieme, racconta, e poi ne riparliamo (ne so qualcosa in effetti).
Il ragionamento di Bilton sull’etichetta nell’era delle comunicazioni digitalizzate è più ampio e sensato. È educato oggi lasciare un messaggio nella segreteria telefonica? Sicuramente è inutile come spedire un fax visto che nessuno lo ascolta più. Per non parlare, scrive il columnist americano, di chi ti chiede ciò che ti può già dire Mr Google. La madre di tutte le offese è poi «mandare un messaggio vocale e scrivere un’email per dire di ascoltare il messaggio». Come dargli torto?»

Massimo Sideri, Il Corriere della Sera (per continuare a leggere, clicca QUI)

 

 

«Lo so che non vuole ringraziamenti. Però io devo, devo assolutamente ringraziare Nick Bilton, columnist del New York Times e autore, qualche giorno fa, di un pezzo perfetto: Etiquette Redifined in the Digital Age. Era la preistoria del web, quasi dieci anni fa. Mi chiesero di scrivere un pezzo che parlasse del galateo online. Era facile, allora: non scrivere tutto in maiuscolo, non essere troppo formale ma nemmeno troppo giocoso via mail -soprattutto se scrivi al capo-, non esagerare con le emoticons, fa’ attenzione a Cc e Bcc.

Oggi non è più così semplice. Nell’età degli smartphone e della comunicazione digitale, dell’always on, ci sono comportamenti perfettamente leciti fino a qualche anno fa – anzi, quasi dovuti per buona educazione – che oggi suonano insopportabilmente retrò. Innervosiscono, perché fanno perdere tempo. Come lasciare messaggi alla segreteria (la ascoltate mai?) chiedere informazioni facilmente reperibili su Google, mandare mail inutili e, orrore, a numerosi destinatari che non si conoscono fra loro, con gli indirizzi ben visibili.

Riassume Bilton: Some people are so rude. Really, who leaves a voice mail message when you don’t answer? Who asks for a fact easily found on Google? Don’t these people realize that they’re wasting your time?»

Barbara Sgarzi, VanityFair.it (per continuare a leggere, clicca QUI)

 

 

Nick Bilton - Io vivo nel futuro

 

Smartphone, iPad e piattaforme digitali come Twitter e Facebook hanno modificato radicalmente la produzione e il consumo dei contenuti: nelle nostre case e nei nostri cellulari si sta affacciando una nuova forma di cultura che avrà profondi effetti sulle abitudini di vita e sugli stessi meccanismi cerebrali. Bilton confronta lo sviluppo di internet con altri progressi tecnologici del passato come la ferrovia e la stampa, disegnando la prospettiva di quella che sarà la nostra cultura fra due o vent’anni e analizzando in particolare i cambiamenti in atto nelle giovani generazioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

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