– Nuove uscite –
Saggistica: Il mito infranto di Antonio Galdo
Dal 22 gennaio in libreria e in e-book il primo libro Codice del 2025, Il mito infranto di Antonio Galdo.
Ecco l’intervista a Stefano Mazzotti, parte dello Speciale che abbiamo dedicato questa settimana a Esploratori perduti (vi ricordiamo anche il board su Pinterest, dove abbiamo raccolto tutte le fotografie e illustrazioni meravigliose contenute nel libro: lo trovate QUI).
Tutti gli esploratori che ho raccontato in “Esploratori perduti” sono in qualche modo unici e hanno compiuto particolari imprese scientifiche e umane. Fra i nostri grandi esploratori, però, devo ammettere che quelli che hanno esplorato la Malesia e la Nuova Guinea mi hanno entusiasmato e coinvolto in modo notevole. Fra essi Odoardo Beccari, che racconta le notti passate da solo in mezzo alla foresta tropicale del Borneo, e Luigi Maria D’Albertis sul Monte Arfak in Nuova Guinea a caccia di uccelli del paradiso: hanno compiuto imprese scientifiche e di pura avventura.
Il personaggio più problematico, e che peraltro proprio per la sua indole farà una tragica fine, è Vittorio Bottego. È un personaggio contraddittorio, di difficile approccio storico. Da un lato il militare violento e arrogante, figlio dell’ideologia colonialista del tempo, dall’altro il giovane naturalista entusiasta e curioso che raccoglie una collezione che permetterà di fondare il Museo zoologico dell’Eritrea dell’Università di Parma. Con questo museo ho un particolare legame affettivo perché lo frequentavo durante gli studi universitari.
Sì, certamente: il loro entusiasmo nell’impegno patriottico e il loro ruolo fondamentale per la crescita della nuova nazione e l’educazione dei giovani italiani, unito alla forte convinzione dei valori della scienza.
Mi interessa molto il Sud America, dove sono stato per alcuni brevi surveys, e spero di andare presto nell’altipiano etiopico per seguire le tracce di Orazio Antinori e scoprire nuove specie nelle foreste primarie ancora poco conosciute di quel pezzo di Corno d’Africa.
Forse se crede che nel nostro mondo globalizzato e digitale possa ancora avere un senso esse Naturalisti. La risposta sarebbe inevitabilmente affermativa. Lo vedo dai tanti ragazzi e ragazze che frequentano le università e i musei di storia naturale: molti di loro hanno quella passione e quella curiosità verso la natura che mi conferma che essere naturalisti è una vocazione culturale dell’Uomo.