Jennifer Lawrence e le altre: come se il loro stato di celebrità impedisse la vita privata – di Fabio Chiusi

«Sì, è vero: se cliccate e guardate le centinaia di foto a luci rosse di celebrità passate in qualche modo dagli archivi sul loro cloud a 4chan e quindi agli occhi del mondo, siete corresponsabili del compiersi di un abuso. Ma siamo sinceri: quanto spesso commettiamo quell’abuso? Lasciate perdere le celebrità, e parliamo delle persone comuni. Quante sono finite controvoglia o a loro insaputa su Internet in atteggiamenti sconci? Diciamo che se non è l’ossatura della pornografia online, ne è una buona parte. E del loro abuso, che vogliamo dire?

C’è una sorta di ipocrisia di fondo nel modo in cui stiamo reagendo a quella pubblicazione. Come se le foto le potessimo vedere tutti – le possiamo vedere tutti, basta essere un poco smaliziati o cliccare sul link fornito per esempio da BuzzFeed (un’avvertenza e via, finite le remore) – ma non potessimo, per una qualche bestemmia suprema del web 2.0, condividerle. Perché sono foto private, non dobbiamo alimentare l’abuso. E d’accordo, è un abuso: non si fa, fa schifo, è una barbarie, ed è una barbarie che qualcuno (è successo) abbia potuto pensare di metterle perfino in pagina.

Eppure non ci sentiamo nemmeno un po’ ipocriti per quell’infingimento? Se vuoi le foto, diciamo in tanti (nemmeno tantissimi: il link che ho visto – sì, che ho visto – su Tumblr aveva migliaia di condivisioni su Facebook e Twitter prima di essere rimosso), cercatele. Fai quel minimo di sforzo che serve a lasciarmi pulita la coscienza. Poi capiamoci, magari siete di quelli che hanno scrupoli morali e non ci andate mai, sui siti di pornografia amatoriale. Ma vi voglio rivelare un segreto: siete in minoranza. The Internet is for porn, come dimostra anche Wired di questo mese.

E l’ipocrisia è cattiva consigliera. Ho letto più di qualche collega su Twitter, in inglese, ribadire (giustamente) che non si possono condannare le celebrity perché hanno prodotto degli scatti che non volevano finissero sotto gli occhi di tutti. Qualcuno sosteneva il contrario. Come se il loro stato di celebrità ne impedisse la vita privata».

Fabio Chiusi, Wired (per continuare a leggere sul sito di Wired, clicca QUI).

 

Fabio Chiusi con noi ha pubblicato Critica della democrazia digitale. La politica 2.0 alla prova dei fatti.

chiusiDa decenni gli esperti si dividono sulla possibilità della rete di permettere una maggiore partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica, fino all’utopia dell’autogoverno del popolo, che secondo molti equivarrebbe a una versione “social media” della democrazia diretta ateniese. Ora che sono stati condotti in tutto il mondo esperimenti per implementare soluzioni tecnologiche nelle procedure democratiche, è tempo di chiedersi se i risultati prodotti siano all’altezza delle aspettative. Descrivendo un panorama contraddittorio ma ricco di potenzialità, Fabio Chiusi ci racconta le più interessanti esperienze di democrazia digitale; soprattutto quelle italiane, che fanno del nostro Paese uno dei laboratori più avanzati e un osservatorio privilegiato per valutarne l’efficacia.

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