Caffè

Il caffè, liquore sobrio

Caffè«Da centinaia di anni il caffè è una delle due o tre bevande più popolari al mondo. Ma è solo di recente che gli scienziati si sono resi conto che ha anche notevoli benefici per la salute. In uno studio epidemiologico su larga scala partito dal National Cancer Institute lo scorso anno, i ricercatori hanno analizzato più di 400mila volontari tra i 50 e i 71 anni che, all’inizio dello studio, nel 1995, non erano affetti da nessuna malattia. Nel 2008, più di 50mila partecipanti allo studio erano morti. Ma gli uomini che avevano detto di bere due o tre tazze di caffè al giorno avevano il 10% di possibilità in più di essere ancora vivi rispetto a quelli che non bevevano caffè, e le donne che ne bevevano la stessa quantità avevano il 13% di possibilità in meno di morire durante lo studio. Non è chiaro quanto il caffè, esattamente, abbia a che fare con la loro longevità, ma la coincidenza è impressionante.

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C’è ancora molto da scoprire, sugli effetti del caffè.
(…) Non è chiaro se sia la caffeina di per sé a offrire i benefici connessi al consumo di caffè, o se il caffè contenga altri ingredienti preziosi».

The New York Times (per leggere l’articolo completo, clicca QUI).

 

Un estratto in tema: una parte del capitolo dedicato al caffè in Una storia del mondo in sei bicchieri, di Tom Standage.

 

«I greci erano fallibili. Gli oggetti più pesanti non cadono più in fretta di quelli più leggeri. La Terra non è il centro dell’universo e il cuore non è una fornace che scalda il sangue, ma una pompa che lo spinge a circolare in tutto il corpo. Ma fu solo al principio del XVII secolo, quando gli astronomi e gli anatomisti scoprirono mondi in precedenza sconosciuti, che i pensatori europei cominciarono seriamente a sfidare le radicate certezze della filosofia greca. I pionieri come Galileo Galilei in Italia e Francis Bacon in Inghilterra rifiutavano la fede cieca negli antichi testi, preferendole l’osservazione diretta e la sperimentazione. «Non c’è speranza per alcun importante accrescimento delle conoscenze scientifiche attraverso l’innesto o l’aggiunta del nuovo in cima al vecchio», dichiarò Bacon nel suo libro Novum Organum, pubblicato nel 1620. «Il ripristino delle scienze deve cominciare dalle fondamenta più profonde – a meno che non preferiamo continuare a girare in tondo a una velocità spregevolmente limitata». Bacon guidò la contestazione dell’influenza dei filosofi greci. Insieme ai suoi seguaci voleva demolire l’edificio delle conoscenze umane e ricostruirlo, un mattone per volta, su fondamenta solide. Si poteva mettere in discussione qualunque cosa, nulla doveva essere dato per scontato. La strada era stata indicata dalle guerre religiose della Restaurazione, che ridussero l’autorità della Chiesa, particolarmente nell’Europa del Nord. Il nuovo razionalismo sbocciò in Inghilterra e in Olanda, sollecitato in parte dalla prova che comportava sfruttare e mantenere grandi colonie oltremare, dando vita alla frenetica attività intellettuale nota come Rivoluzione scientifica.

Lo spirito dell’indagine razionale dominò la corrente principale del pensiero occidentale per i due secoli successivi, culminando nel movimento noto come Illuminismo, in cui il criterio empirico di scetticismo adottato dagli scienziati fu applicato alla filosofia, alla politica, alla religione e al commercio. Durante quest’Età della Ragione, i pensatori occidentali si spinsero oltre la saggezza degli antichi e si aprirono a idee nuove, spostando più avanti i confini della conoscenza, oltre i limiti del Vecchio Mondo, in un contrappunto intellettuale all’espansione geografica dell’Era delle esplorazioni. Svanì il timore reverenziale per l’autorità, fosse essa filosofica, politica o religiosa, e fu sostituito dalla critica, dalla tolleranza e dalla libertà di pensiero.
La diffusione in Europa di questo nuovo razionalismo fu rispecchiato dall’avvento di una nuova bevanda, il caffè, che, contribuendo all’attenzione e alla chiarezza di pensiero, era perfettamente adatto ai tempi. Divenne la bevanda preferita di scienziati, intellettuali, mercanti e impiegati, tutti coloro che eseguivano un lavoro mentale seduti a una scrivania invece di un lavoro fisico all’aperto – oggi li chiameremmo information worker – e avevano scoperto che il caffè acuiva le loro facoltà mentali. Li aiutava a regolare la giornata di lavoro, svegliandoli al mattino e garantendogli di restare vigili fino alla fine della giornata di lavoro, o anche più a lungo, se necessario. Veniva servito in locali tranquilli, sobri e rispettabili, che promuovevano la conversazione beneducata e fungevano da forum per l’educazione, il dibattito e il miglioramento di sé.

L’impatto dell’introduzione del caffè in Europa durante il XVII secolo fu particolarmente degno di nota, visto che le bevande più diffuse all’epoca, anche a colazione, erano “birrettine” poco alcoliche e vino. Entrambi erano più sicuri dell’acqua, che poteva essere soggetta a contaminazioni, particolarmente nelle città misere e affollate. Mentre i liquori non erano bevande quotidiane come il vino e la birra, e servivano invece a ubriacarsi. Il caffè, come la birra, si faceva con acqua in ebollizione, e quindi costituiva un’alternativa nuova e sicura agli alcolici. Chi beveva il caffè invece dell’alcol iniziava la giornata in maniera vigile e stimolata, invece di essere rilassato e leggemente ebbro; la qualità e la quantità del suo lavoro, dunque, ne traevano giovamento. Il caffè giunse a essere considerato la vera antitesi dell’alcol: rendeva sobri invece che ubriachi, acuendo le percezioni invece di ottundere i sensi e sfocare la realtà. Una poesia anonima pubblicata a Londra nel 1674 accusava il vino d’essere «il dolceVeleno dell’Uva infida», che sugge «la nostra stessa Ragione e le nostre Anime». La birra veniva biasimata in quanto “nebbiosa”, una bevanda che “assedia le nostre menti”. Il caffè, dal canto suo, veniva salutato come: «…il Liquido Austero e Benefico / che risana lo Stomaco e il Genio fa dinamico, / allevia la Memoria, ravviva gli Avviliti, / lo Spirito innalza senza render Dissennati».
L’Europa occidentale cominciò a spuntare da una foschia alcolica durata per secoli. «Questa bevanda, il caffè», scrisse un osservatore nel 1660, «ha originato una maggior sobrietà fra le Nazioni. Mentre in passato la mattina era costume di apprendisti e impiegati sorbire una birra alla spina o del vino, che, per lo stordimento che provocano nel Cervello, rendevano molti di loro manchevoli al lavoro, ora possono essere brav’uomini con questa bevanda vigile e civile». Il caffè, inoltre, era considerato un antidoto all’alcol in senso più letterale. «Il caffè rende sobri all’istante», dichiarava Sylvestre Dufour, scrittore francese, nel 1671. L’idea che il caffè contrasti l’ubriachezza domina anche i nostri giorni, anche se in essa c’è poco di vero; il caffè rende più vigile chi abbia bevuto dell’alcol, ma di fatto riduce la velocità con cui l’alcol viene eliminato dal sistema circolatorio.
Fu la novità del caffè , inoltre, a contribuire al suo fascino. Era una bevanda sconosciuta ai greci e ai romani; per gli intellettuali del XVII secolo berla era un altro modo per sottolineare di essere andati oltre i limiti del mondo antico. Il caffè era la grande cura contro le sbornie, la bevanda della lucidità, l’epitome della modernità e del progresso: l’ideale, in breve, per l’Età della Ragione».

 

 

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